#16Dicembre2018 “CHE COSA DOBBIAMO FARE?” ( Domenica 3a di #Avvento)
A cura del prof. Massimiliano Arena
Fare, fare, fare … è la continua preoccupazione di noi tutti oggi. Dal bambino iper-stressato perché
già fa mille cose tra scuola, palestra o parrocchia … alle casalinghe stressate per le loro fatiche
quasi mai apprezzate e ripagate da mariti e figli … ai giovani ansiosi di fare qualcosa per divertirsi
… ai tanti preoccupati di fare qualcosa per vivere bene. “ Che cosa dobbiamo fare?” potremmo dire
che ormai è diventata la domanda di senso primaria dell’uomo di oggi. E’ la domanda del bambino
alla mamma, dell’adulto a se stesso e alla società, alle istituzioni. È la domanda che 2000 anni fa
questi uomini, che avevano percepito che in Giovanni Battista vi era un uomo speciale, che aveva
dato spazio a Dio, gli rivolgevano. E oggi è la domanda da porre a noi stessi e a Dio. La risposta
c’è, è qui nel testo, e in tutto il Vangelo che si può leggere collegato a questo semplice, comune e
umanissimo episodio. Varie categorie di persone pongono questa domanda a Giovanni, varie in cui
noi ritrovarci. Possiamo ritrovarci sia nella folla grande e anonima, sia nel pubblicano con ciò che la
sua condizione sociale si porta e nel soldato. Alla folla Giovanni invita a tornare all’essere, perché
non conta tanto ciò che si fa, ma ciò che si è. Viene chiesto di diventare giusti, di esser persone che
sanno guardare, prendere a cuore le situazioni intorno, prendere dal proprio e darlo ad altri. È la
grande forza e profezia della giustizia cristiana ( e umana). Una giustizia che viene prima della
carità, che è alla base di ogni carità. Io come uomo e come cristiano sono responsabile di me stesso,
della mia vita, della mia felicità, della mia dignità e di quella del fratello che non può da solo, per
mancanza di mezzi e forze. Ciò che io ho in più, che va oltre il necessario è “ proprietà” del fratello
che non ha mezzi di vivere dignitosamente. Può sembrare utopia, sogno, ideologia irrealizzabile, ma
è la profezia del cristianesimo, è quella forza nascosta che solo può cambiare il mondo. Forse
abbiamo perso il nostro sapore, quello per cui qualcuno è finito in croce. Ai pubblicani, a noi, a tutti
coloro che hanno un ruolo di responsabilità comune, sul bene altrui, dal politico, al marito-moglie,
fidanzato/a. collega o datore di lavoro, nessuno può prendere più del dovuto, pretendere in cose o
affetto, o attenzione più di ciò che gli spetta. Esiste un estorsione umana prima che materiale-
economica. Non pretendere e prendere con forza ciò che nemmeno noi diamo agli altri. Anche qui confermato l’essere uomini giusti e maturi. Ai soldati, a coloro che devono vigilare sugli altri viene
chiesto di non maltrattare e fare gli interessi comuni e non personali. Come prima, noi tutti nel
nostro piccolo responsabili del bene comune non dei propri interessi. Dal bene comune, dalla
serenità sociale ne deriva quella personale. In fondo Giovanni ci chiede di essere noi stessi,
mettendoci solo una marcia in più. Il cristiano, e forse l’uomo vero, maturo è uno che fa ciò che è
nel rispetto e nella responsabilità di se stesso e degli altri. Uomo libero di amare e donare, libero di
mettere in atto tutto se stesso per realizzare nella giustizia se stesso e gli altri. Tutto questo con
gioia. Dare, essere giustizia e amore con gioia. Se il tutto non è fatto con gioia è vano, è coreografia.
Il cristiano senza gioia è cristiano senza Cristo.