#31Marzo2019 “UN ABBRACCIO CHE TI RICORDA QUANTO VALI” (4a di Quaresima)
Ciascuno di noi ha delle ricchezze, dei doni, dei talenti. Tutta sta a come gli usiamo.
Due figli in questa parabola:
1) Va via pretendendo di poterli usare da solo, credendosi autonomo. Porta via i beni dati dal padre, ma non porta via con sé l’abbraccio del padre. Tocca il fondo, in mezzo ai porci, e solo lì torna in sé stesso.
2) É sempre lì, bravo e perfetto nelle sue regole, ma non ha capito come valorizzarli i suoi doni, vive di schemi e di frustrazioni.
🌞 La verità è una, che noi siamo fatti di Eterno, siamo impastati con il sapore dell’amore, perché abbiamo Dio nel nostro DNA. Possiamo scappare via forti della nostra libertà, ma toccheremo il fondo, e sentiremo spesso la nostalgia. Possiamo fare i perfettini cristiani senza capire che non sono le regole ma la capacità di amare e mettere in circolo i doni che rende felici, scaricando così su altri le nostre rabbie.
Tutti, per vivere a pieno ciò che siamo e abbiamo, abbiamo bisogno di ricevere di nuovo questo abbraccio del Padre. Che non è mai troppo tardi per cercarlo, non si è mai troppo vicini per non desiderarlo ancora.
Siamo fatti di questo Amore, allo abbracciati ad esso possiamo dare il meglio di noi.
Ecco il testo del Vangelo
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 15,1-3.11-32.
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola:
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi.
Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: E’ tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».