#14Marzo2020 “UN ABBRACCIO CHE MI LIBERA DAL SENSO DI COLPA” (Sabato 2a Quaresima)

Il brano del Padre Misericordioso è il più conosciuto. Vorrei fermare l’attenzione sull’abbraccio liberante che il Padre da. Un figlio andato via, carico ora di rimorsi, dolori, sensi di colpa, carico del peso del suo fallimento. Quell’abbraccio libera tutto. Mi apre alcune riflessioni:

1️⃣ In questo momento quanto stiamo sperimentando il tempo che abbiamo perso? L’aver rallentato i ritmi ci da tempo di riflettere e forse nascono sensi di colpa, anche qualche frustrazione che ci agita. In Dio possiamo trovare l’abbraccio che ci libera. Quel silenzio, quella riflessione se non fatta da soli ma aperta a Dio diventa preghiera.

2️⃣ Il tempo a casa ci sta facendo riscoprire i rapporti di casa, in positivo e negativo. Le convivenze forzate portano aspetti positivi e negativi ma anche li ci fanno comprendere quanto tempo si perde forse a non fare e dire le cose che si dovrebbero da tempo. Ed anche lì, sull’esempio di Dio, qualche abbraccio in più non farebbe male.

Apriamo il nostro silenzio a Dio ed i nostri cuori non saranno frustrati ma si riempirà di speranza e saranno #CuoriSvegli

Leggi qui il testo del vangelo

Lc 15,1-3.11-32
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato

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