#11Maggio2020 “TU SEI CASA DI DIO” (Lunedì 5a di Pasqua) – Commento scritto e video
Ecco qui la riflessione video di oggi
In questo periodo abbiamo discusso molto su Chiese si e Chiese no andando in polemiche oltre il dovuto ed anche con pizzico di ridicolo. Il Vangelo di oggi ci libera da un pò di questioni ricordandoci che i luoghi, le “case di Dio” (così chiamavamo le Chiese) dove incontrarci non sono tanto importanti, perchè in realtà tu sei casa di Dio.
Non è un bel pensiero romantico e poetico, è una realtà evangelica, una promessa di Dio. Gesù dice che chi vive i comandamenti, chi accoglie la parola, chi lo ama, avrà questa ricompensa: Dio e Gesù faranno casa presso di Lui.
Allora è questione di regole, di merito? Apparentemente si, ma la vera questione è di amore. Vuoi continuare ad accontentarti di essere sempre ciò che sei, spesso indeciso, spesso triste, spesso vuoto, spesso “alla giornata”, o vuoi cominciare a dare una linea, un indirizzo alla tua vita, un senso che unisce e riempie, che ti rende bello.
Si perchè se tu diventi casa di Dio, diventi bello, diventi bello in ciò che dici e ciò che fai. Allora ben vengano se abbiamo le chiese dove incontrarci, ma noi siamo già un dono meraviglioso, per noi stessi e gli uni gli altri, Dio vuole farsi portare da noi.
La prima lettura ci conferma questo, i discepoli si sono fatti abitare da Dio, hanno scommesso su questa avventura e pur essendo poveri uomini, fragili e peccatori, hanno fatto meraviglie.
Ecco le letture del giorno
Gv 14,21-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
At 14,5-18
In quei giorni, a Icònio ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi di aggredire e lapidare Paolo e Bàrnaba; essi lo vennero a sapere e fuggirono nella città della Licaònia, Listra e Derbe, e nei dintorni, e là andavano evangelizzando.
C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio:
«Gli dèi sono scesi tra di noi in figura umana!».
E chiamavano Bàrnaba «Zeus» e Paolo «Hermes», perché era lui a parlare.
Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori». E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.