#05Febbraio2021 AVERE IL CORAGGIO DELLA VERITA’ (Venerdì 4a Tempo Ordinario)

A cura di Massimiliano Arena
Non ci ha fatto una bellissima figura Erode in questa scena. Poca personalità, poca dignità. Forse paura del confronto con la verità?
Abbiamo parlato ieri della capacità di annunciare il Vangelo essendo Vangelo, annunciare la buona notizia dell’Amore essendo Amore, annunciare la speranza nella povertà essendo poveri e radicali.
Il Vangelo, l’annuncio del Vangelo richiede anche un’altra importante caratteristica: la Verità.
Il Vangelo ci spinge quotidianamente a fare una profonda analisi di noi stessi e della Verità, di metterci davanti alla Verità di Dio e fare verità su noi stessi, perchè solo maturando nella verità, riconoscendo fragilità, errori, scelte assumendone la responsabilità, possiamo camminare nella maturazione.
Per ammettere la verità di se stessi, quella che può anche far male perchè fa emergere povertà e sbagli, occorre avere personalità, fortezza, dignità personale.
Nessuno dei personaggi di questo racconto, tranne Giovanni,
Erode non è capace di dimostrare tutto ciò, non ha capacità di scelta, si lascia condizionare dalle scelte di altri, è senza capacità di decisione, senza dignità.
Erodiade ha paura della verità, sa di essere nell’errore e non vuole che ciò emerga, venga sottolineato.
La figlia di Erodiade non ha neanche un nome, manca totalmente di personalità e dignità, capacità di scelta facendo scegliere per lei la madre.
Il Vangelo ci porta alla Verità di noi che è chiarezza sulla verità di noi stessi. Occorre coraggio e personalità per ammettere la verità di se stessi, errore e sbagli compresi, nella serenità, certi di poter camminare verso il miglioramento. Se ciò non si accetta si cede nella violenza verso se stessi e gli altri.
Ecco il testo del Vangelo
Mc 6,14-29
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello».
Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.