#12Agosto2021 – PERDONARE E’ LIBERARE – (Giovedì 19ma Tempo Ordinario)

A cura di Massimiliano Arena
Ieri abbiamo parlato di correzione fraterna, oggi parliamo di ciò che va di pari passo ed è necessario alla correzione: il perdono.
Non può esserci correzione fraterna senza perdono. Ieri dicevamo che se la correzione fraterna, l’atto di voler correggere gli errori del fratello, portarli alla sua conoscenza amandolo e aiutandolo nel cambiamento, si macchia di invidia, vendetta, diventa mortale. Si, senza il perdono non c’è correzione fraterna. Se io non sono capace di andare oltre quell’errore, amandolo e perdonandolo non potrò attuare mai davvero nessuno correzione fraterna. Sarà solo un gioco di invidia e vendette per pungere.
Gesù dice di perdonare 70 volte 7, cioè 490 volte. Un bel numero, un gioco numerico nella Bibbia. Il 7 indica la totalità. Quindi perdonare per la totalità per la totalità elevato di dieci volte, quindi un perdono illimitato.
Oppure 490 porta a 4+9+0=13 e 13 porta a 1+3=4 che indica i quattro punti cardinali, un perdono ovunque.
Quindi un perdono illimitato ed ovunque.
In ogni caso, giochi di numeri a parte, parliamo di qualcosa di smisurato, ma fattibile e necessario.
Come si fa a perdonare cosi tanto? Lo dice la parabola detta da Gesù. Occorre capire perchè non riusciamo a perdonare.
La risposta è perche ci sentiamo superiori agli altri, cioè migliori.
I protagonisti della parabola hanno richiesto il condono di un debito perchè gli serviva non non sono stati capaci di fare lo stesso verso altri, sentendosi superiori a ciò.
Non riusciamo a perdonare perchè ci sentiamo migliori degli altri. Allora cosi la correzione fraterna diviene un atto dall’alto e porta alla morte.
Solo se ci riconosciamo noi per primi fragili e peccatori possiamo fare correzione fraterna vera, liberando e non uccidendo il cuore dell’altro.
Ecco il testo del Vangelo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.