#18Marzo2022 – IMPEGNATI E CESTINATI – (Venerdì 2a di Quaresima)

PIeno di riferimento alla Passione di Cristo il testo del Vangelo di oggi, di un Cristo morto per l’invidia dell’uomo.
La parabola dei vignaioli chiamati a far fiorire la vigna che uccidono il figlio del padrone per rubarsi tutta la vigna è chiara immagine dell’umanità chiamata a far fiorire la vita nel mondo che uccidono Cristo pur di pensare di dominare aldisopra del messaggio stesso di Cristo.
Gesù viene definito pietra scartata che Dio ha reso fondamento assoluto.
Analizzando la vita contrastata di Gesù, la sua passione, la sua morte, ci accorgiamo che Gesù è morto per l’invidia dell’uomo. Da Ebrei e Romani il successo di Gesù non era ben visto come minaccia a varie tipologie di potere ed usi e costumi.
Il veder venir meno il proprio potere ha accesso l’invidia nei loro cuori tanto da desiderare la morte di Cristo. L’invidia ha questa capacità, fa vedere le cose storte, rende l’altro che ha dei talenti e bellezze un nemico poichè le sue bellezze possono essere un attentato alla mia mediocrità e questo da fastidio. Vedo una cosa bella come una minaccia e anzichè vedere la mia mediocrità come qualcosa su cui lavorare la vedo come il giusto minacciato.
L’invidia appunto fa vedere tutto storto, come nella storia di Giuseppe venduto dai fratelli.
Allora che fare? Gesù si impegna nel mondo nonostante sia scartato via, gettato via letteralmente. Anche a noi spesso ci getteranno via se non l’hanno già fatto. O noi getteremo via altri, schiacceremo i loro talenti perchè ne siamo invidiosi.
Allora che fare fermarsi? No, siamo impegnati e scartati come Cristo, certo che anche nello scarto abbiamo da testimoniare l’Amore e forse proprio nello scarto saremo più fertili che mai ,tra essenzialità e testimonianza, impareremo a puntare alle cose essenziali e saremo testimoni di un amore forte, che crede in qualcosa ad ogni costo.
ECCO I TESTI
VANGELO – Mt 21,33-43.45
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
PRIMA LETTURA – Gen 37,3-4.12-13.17-28
Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente.
I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan.
Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!».
Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre.
Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua.
Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di rèsina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto.
Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.