#12Maggio2022 – NON SIAMO SALVATORI – (Giovedì 4a di Pasqua)

Importante consapevolezza quando si vuol essere discepoli di Cristo e vivere un impegno nella società da inviati, è capire che non siamo salvatori di nulla, ma portatori di una salvezza rivoluzionaria che è Cristo stesso è la sua azione.

Forte e concreta la frase con cui il testo del Vangelo di oggi apre: “Un servo non è più grande del suo padrone”.

Spesso vogliamo portare Dio ed il Bene nel mondo illudendoci quasi di essere più grandi di Dio e del Bene.

Siamo solo piccoli strumenti, non estremamente necessari, ma che devono fare la loro parte.

Non siamo noi i salvatori poichè quando lo pensiamo rischiamo di fare solo danni. E’ Cristo stesso che salva ed ispira nel cuore di chi lo segue, di chi si pone domande dinanzi a Lui movimenti del cuore e della mente capaci di azioni rivoluzionarie per se e per la società che salvano.

Cristo ci ama, ci salva nella nostra storia. Se ci sentiamo amati e salvati possiamo cominciare a raccontare questo non tanto come fatto, ma traducendo questo nel nostro interesse con passione alla società, alla storia degli uomini, attivando processi di cambiamento ed interrogativi, azioni concrete.

Non saremo noi a salvare, ma a smuovere cose perchè Dio possa operare.

Anche Paolo inizia il suo discorso con un lungo ricordare i Padri, la storia giunta fino a quel momento, consapevole di essere un tassello di un grande progetto e non un salvatore.

ECCO I TESTI DEL GIORNO

VANGELO – Gv 13,16-20

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

PRIMA LETTURA – At 13,13-25

Salpàti da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagòga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagòga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!».
Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni.
Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuèle. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Sàul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”».

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