#06Novembre2022 – PREFERISCO IL PARADISO – (Domenica 32ma Tempo Ordinario/C)

Ed ancora una volta Gesù parte a parlare di questioni serie (La Resurrezione ed il Paradiso) da fatti concreti della vita, perché ama la nostra vita, in ogni singola parte.

La scena è molto assurda, diremmo noi esagerata, ma non inverosimile per la legge dell’epoca. Se una donna restava vedova il cognato (fratello del minore) aveva diritto per primo a poterla prendere in moglie.

In più vi era una cosa che rendeva questa donna fragile e scandalosa: non aveva figli. Quando una donna non aveva figli da un uomo, perché questi moriva prima, suo fratello aveva il diritto di “ continuare” letteralmente a dare la discendenza alla famiglia. Bloccare la discendenza era scandaloso, e la donna era un vero strumento per procreare. Già su questo piano Gesù lancia una provocazione-rivoluzione, sul senso e l’importanza della donna.

Ma a Gesù ciò che sta a cuore realmente in questo episodio è la mentalità con cui i sadducei, e tanti altri uomini di ieri, e di oggi più che di ieri, affrontano la vita. La vita di questa donna, della sua famiglia, secondo questi uomini puzzava di morte, di vuoto, non valeva nulla perché non aveva prodotto. La morte poneva questa paura, questo limite, questo sentire ansia sulla propria vita sapendo di non aver concluso nulla. Gesù parla di resurrezione, una cosa nuova, ridicola per loro. Al massimo si tollerava l’immortalità, per sentito dire dai Greci, che liberava da quell’ansia di non aver concluso nulla nella vita. Ma la Resurrezione era ridicola, roba da pazzi.

Eppure anche oggi lo è . Sapete che la nostra fede si basa tutta sul credere alla resurrezione, che Cristo è Risorto e che anche noi un giorno risorgeremo? Non ci troviamo più mi sa. Forse diventa difficile da capire. Eppure è cosi, san Paolo dice “ se Cristo non fosse risorto vana è la nostra fede”.

La domanda è allora: quanto crediamo nella Resurrezione? Quanto essa incide nella nostra vita concreta? Secondo san Paolo appunto se vana è la Resurrezione vana è la fede= siamo tutti atei.

Ma cerchiamo di capire. La resurrezione, a partire da quella di Gesù, è vita dopo la morte, è l’amore dopo la violenza della croce,  è la risposta di Dio a quel grido di Gesù che si vedeva abbandonato sulla croce, è l’ultima parola di Dio, che l’avuta vinta, su coloro che volevano bloccare questa voce scomoda pensando che bastasse farli violenza e chiuderla con un masso in un sepolcro. La resurrezione è l’oltre nelle mani di Dio, è il nostro “oltre” visto che siamo sue creature e siamo nelle sue mani. La resurrezione è speranza, è voler portare il futuro nel presente.

La resurrezione allora è sogno del futuro, desiderio di qualcosa di migliore, e l’ultima parola dove situazioni e persone ci vogliono fa credere che per noi, per ciò che ci circonda è finita. La morte non è la fine, c’è un dopo, c’è una vita eterna per cui viviamo e a cui ci prepariamo con il nostro impegno di amore.

Ma se fosse solo cosi non varrebbe la pena, lottare, amare, per qualcosa di cui  non vediamo certezza.

Invece no, oggi, nel Vangelo troverai le risposte. Se affronti tutte le lotte alle morti varie di ogni giorno con amore. La parola dolore viene dal greco “ agon” che tra i suoi significati ha anche “ lotta”. Il dolore si può affrontare, con la lotta, con il credere che è possibile qualcosa di diverso, desiderarlo. “ Agon” ha la stessa matrice di “ agape”, cioè amore. Nessuna lotta al male, al dolore, è possibile senza amore. In fondo avete mai pensato da dove viene la parola amore? Da “ a-mors” cioè “ assenza di morte”.

Guardiamo alla nostra vita, i nostri fallimenti, i nostri errori, i nostri “non aver concluso nulla” e guardiamo oltre. Guardiamo quelli altrui e guardiamo oltre. C’è sempre un recuperare, un bene possibile da ricostruire. Vivere di e con Dio è vivere oltre solo il momento presente, lottare per costruire il futuro che può essere imminente o più lontano, ma lottando oggi inizio a viverlo già, lo assaporo. E’ dura, ma è la concretezza della vita e la bellezza della Fede. E’ dura, ma al cedere al vuoto della disperazione PREFERIAMO IL PARADISO.

Lc 20,27-38
 
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

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