
Per l’epoca un figlio morto di una madre vedova era aver tolto a quella donna ogni prospettiva di vita, condannata ad essere sola, senza chi le facesse compagnia, provvedesse economicamente a lei.
Una situazione priva di ogni prospettiva. Stupenda la frase del Vangelo che dice “Restituisce il figlio alla donna”.
Li è contenuta la speranza di vita che viene riconsegnata, non è “solo” la felicità di ritrovare un figlio vivo, ma una prospettiva di vita che riviene consegnata.
Occorre che noi impariamo a fare come la donna, saper dire ciò che ci manca, saper chiamare per nome ciò che toglie la nostra felicità e speranza.
Lc 7,11-17
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante
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