
Nessuno può credersi migliore di nessuno, per questo storie citate di peccati passati Gesù le utilizza per dire non erano più peccatori di voi. I peccati degli uomini, le nostre fragilità spesso sono simili a quelle degli uomini passati, anzi lo sono certamente, perchè la natura umana è la stessa.
Siamo cercatori di misericordia e comprensione da altri, ma giudici spietati verso altri
In una partita a scacchi, o in qualsiasi altro gioco di intelligenza e memoria, occorre studiare tutte le mosse per bene, capire gli errori propri e degli avversari.
È vero, Dio ha immensa pazienza con noi, va sempre oltre le nostre fragilità e investe sempre e ancora con amore in noi. Ma questo non deve significare il non riflettere sugli errori, non imparare da essi.
Siamo pronti a giudicare gli errori altrui, oppure esaltare le conseguenze che altri hanno pagato degli errori, ma poco capaci di leggere, non sprecare i nostri.
Accettiamo di non essere migliori di altri, di chi ci ha preceduto. Siamo umani e pertanto fragili peccatori. Possiamo solo riguardare la nostra storia e dire grazie a Dio per l’amore con cui ci avvolge, imparare dai nostri errori, e diventare portatori di misericordia, pazienza, voglia di scommettere sempre sulle fragilità altrui.
Lc 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
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